Come tutti i farmaci anche i vaccini possono avere delle reazioni avverse, ma abbiamo più difficoltà ad accettarlo, perché ce li facciamo iniettare in stato di salute e non di malattia.
Un’altra osservazione da fare è che, nel caso dei vaccini per il Covid 19, la somministrazione è planetaria e quindi è assai facile che delle reazioni avverse si evidenzino.

Si tratta di vaccini prodotti a tempo di record e su cui stiamo noi stessi sperimentando gli effetti. Non sappiamo per ora quanto durerà l’immunizzazione e come si comporterà con le varianti che sono destinate a crescere, paradossalmente proprio con le vaccinazioni. Infatti il virus per sopravvivere deve necessariamente trasformarsi.

Ma ritorniamo alle reazioni avverse: se consultiamo il sito dell’EMA sulle reazioni avverse costatiamo che l’Italia ha il triste primato in Europa per maggior numero di reazioni avverse al vaccino Pfizer (Tozinameran) con al primo posto i disturbi nella sede di iniezione, a cui seguono problemi a carico del sistema nervoso, muscoloscheletrico, gastrointestinale, cutaneo ed ematico (vedi sito EMA)

Se esaminiamo l’andamento del vaccino AstraZeneca osserviamo, sempre dal sito dell’EMA, che al primo posto in Europa per reazioni avverse è l’Olanda seguita da Francia e Italia. Se poi andiamo a vedere quali sono le reazioni avverse esse non differiscono molto da quelle del Pfizer.

 

Sappiamo però dalle cronache che ci sono stati alcuni decessi per trombosi intravenose avvenuti in coincidenza della somministrazione del vaccino Astrazeneca e sappiamo che anche nella malattia avanzata da covid si constatano delle trombosi venose.

La prima domanda da farsi è: cosa è una trombosi? Si tratta di un grumo di sangue che può andare ad ostruire una vena o una arteria.

L’occlusione arteriosa è un fenomeno senza dubbio più frequente e più grave di una occlusione o trombosi venosa. In Italia ogni anno 500mila persone sviluppano la trombosi e quasi tre quarti di queste sono trombosi arteriose. Le trombosi venose sono molto più rare e si localizzano di solito nelle vene dell’arto inferiore da cui tipicamente possono staccarsi e finire ai polmoni, creando l’embolia polmonare.

Le trombosi arteriose non sembrano essere associate né alla malattia Covid né alla vaccinazione. Normalmente nelle trombosi venose il fattore di rischio più importante è l’età. Nelle persone giovani, fino ai 40 anni, l’incidenza è 1 caso ogni 10mila persone. Questa incidenza aumenta tra i 50 e i 60 anni e diventa 1 a 1.000, l’incidenza aumenta enormemente nei molto anziani e diventa praticamente 1 a 100.

Con nessuno dei vaccini, Astra Zeneca incluso, queste trombosi tradizionali aumentano.

Le trombosi venose che si sono riscontrate dopo somministrazione del vaccino AstraZeneca, colpiscono non le sedi tradizionali, quali vene della gamba, o del polmone, ma gli organi interni. Riscontriamo quindi ad esempio trombosi delle vene dell’addome, del cervello, nella vena porta, splenica o mesoenterica. Sedi quindi rare rispetto ai comuni episodi trombotici venosi. Tanto che il rapporto statistico di un caso su mille delle trombosi venose tradizionali, nelle trombosi atipiche da vaccino si riduce a uno o due su milione di persone. Motivo per cui il direttore esecutivo dell’EMA Emer Cooke sostiene che si tratta di effetti collaterali molto rari contro il rischio di mortalità da COVID.

Dobbiamo quindi chiederci come può un vaccino causare coaguli di sangue. I ricercatori stanno cercando possibili collegamenti tra la coagulazione insolita e il vaccino Oxford-AstraZeneca.

Dopo settimane di indagini, il 7 aprile l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha annunciato che è possibile che ci sia un legame tra i coaguli e il vaccino.

Le ipotesi di ricerca sono molte: una reazione innescata dal vettore virale o da un additivo o ancora da qualcosa attribuibile al processo di produzione di quei particolari lotti.

I coaguli venosi compaiono come abbiamo visto in parti insolite del corpo, come il cervello e l’addome, piuttosto che nelle gambe, dove si formano la maggior parte dei coaguli di sangue nelle vene profonde.

Al 22 marzo, l’EMA aveva raccolto 86 segnalazioni di persone che avevano avuto coaguli di sangue nel cervello o nell’addome entro due settimane dalla somministrazione di una dose del vaccino Oxford – AstraZeneca,sviluppato in Gran Bretagna. Alcuni di questi casi portavano i segni distintivi dell’HIT (trombocitopenia indotta da eparina): un fenomeno che si verifica in alcune persone trattate con il farmaco fluidificante eparina. Paradossalmente l’eparina utilizzata per prevenire la coagulazione, in casi molto rari può scatenare questa sindrome (HIT), che causa coaguli di sangue e bassi livelli piastrinici, ma il paradosso è che alcune persone che avevano ricevuto il virus presentavano una sindrome simile, ma non in connessione con somministrazione di eparina.

Sebbene ci siano rapporti secondo cui la sindrome si presenta più spesso nelle donne che negli uomini, in particolare nelle donne di età inferiore ai 60 anni, l’EMA non è stata in grado di concludere che le donne siano a rischio più elevato.

L’EMA sostiene gli studi di due consorzi accademici con sede nei Paesi Bassi, uno guidato dall’Erasmus University Medical Center di Rotterdam e l’altro da ricercatori dell’Università di Utrecht e dello University Medical Center di Utrecht.

La loro lista di progetti è ambiziosa. Uno dei consorzi, co-presieduto dal virologo Eric C. M. van Gorp all’Erasmus, è composto da 22 ospedali che hanno lavorato insieme per studiare gli effetti del coronavirus sulla coagulazione del sangue.

Nella malattia da covid 19, quando questa arriva alla tempesta citochinica, l’endotelio dei vasi sanguigni si attiva e, riducendo la produzione di prostaciclina e ossido nitrico, due importanti fattori anti-aggreganti, perde il controllo sulle piastrine. Anche i monociti e i granulociti circolanti si attivano e ognuna di queste cellule rilascia nel flusso sanguigno delle microvescicole che hanno un elevato potenziale protrombotico. In questo contesto le numerose piastrine attivate si aggregano con i granulociti e monociti circolanti e, insieme con le microvescicole, concorrono alla formazione dei microaggregati che possono ostruire il microcircolo polmonare.

Nella trombosi post vaccinica il meccanismo sembra diverso, Il team dei 22 ospedali cercherà potenziali casi di HIT tra le persone che hanno sviluppato coaguli di sangue in seguito alla vaccinazione con il vaccino Oxford – AstraZeneca o altri vaccini COVID-19. Lo stesso gruppo condurrà anche studi di laboratorio per cercare evidenze affinché il rischio, già piccolo, possa essere ulteriormente ridotto diminuendo la quantità di vaccino somministrata in ciascuna dose.

Si pensa che l’HIT sia il risultato di una reazione immunitaria ai complessi formati quando le molecole di eparina caricate negativamente si legano a una proteina caricata positivamente chiamata fattore piastrinico 4, importante per la coagulazione. Questo attiva le piastrine, dando il via a una reazione a catena. “Una volta attivate le piastrine, è come mettere un fiammifero su un’esca”, afferma John Kelton, ematologo presso la McMaster University di Hamilton, in Canada, che studia l’HIT da 40 anni. Si reclutano sempre più piastrine e quando vengono attivate esplodono e producono materiale coagulante. “L’HIT è come un incendio boschivo, si autoalimenta”.

In passato sono stati osservati casi estremamente rari, di HIT spontaneo in assenza di trattamento con eparina, con fattori scatenanti quali infezioni, interventi chirurgici al ginocchio e trattamento con farmaci che, come l’eparina, sono caricati negativamente. Kelton ricorda un caso su cui ha lavorato anni fa in cui una donna sulla quarantina ha subito ictus catastrofici pur non essendo mai trattata con eparina. “Abbiamo testato il suo sangue e abbiamo riscontrato reazioni esattamente uguali a quelle riportate per le reazioni di AstraZeneca”, dice.

È interessante uno studio su cinque pazienti, operatori sanitari, che hanno presentato trombosi venosa e trombocitopenia da 7 a 10 giorni dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino vettore adenovirale ChAdOx1 nCoV-19 (AstraZeneca) contro la malattia del coronavirus 2019 (Covid-19). I pazienti erano di età compresa tra 32 e 54 anni. Tutti i pazienti avevano livelli elevati di anticorpi contro il fattore piastrinico 4 – complessi polianionici; tuttavia, non avevano avuto precedenti esposizioni all’eparina. Poiché i cinque casi si sono verificati in una popolazione di oltre 130.000 persone vaccinate, rappresentano una rara variante correlata al vaccino della trombocitopenia spontanea indotta da eparina che in questo caso viene etichettata come trombocitopenia trombotica immunitaria indotta dal vaccino.

Si pensa quindi ad un meccanismo autoimmune per cui il vaccino, che dovrebbe stimolare la produzione di anticorpi con la proteina «spike», stimola anche la produzione di auto-anticorpi rivolti verso delle cellule che sono parte del nostro organismo, le piastrine e i fattori della coagulazione. Una volta che gli anticorpi attaccano le piastrine, le distruggono, quindi si ha piastrinopenia e l’attivazione della coagulazione. Non è un caso quindi che colpisca le giovani donne in quanto statisticamente  più soggette a malattie autoimmuni.

Cosa fare quindi prima di farsi inoculare il vaccino AstraZenica? Verificare che non si abbia già in atto altre malattie autoimmuni e poi controllare tutti i fattori della coagulazione.

Io consiglio le seguenti analisi: PT, PTT, Fibrinogeno, Antitrombina III, dosaggio Omocisteina, Proteina C Coagulativa, Proteina S Libera, Resistenza alla proteina C attivata (APCR), mutazione Fattore V di Leiden (mutazione G1691A), mutazione Fattore II (mutazione G2021A della protrombina), mutazioni MTHFR (C677T e A1298C).

È ovvio che questi esami verificano solo l’equilibrio dei fattori che regolano la coagulazione, nulla possiamo fare per prevenire il fenomeno autoimmune. Teniamo comunque a mente che il fenomeno si verifica prevalentemente in donne giovani (per il quale il vaccino AstraZeneca in Italia al momento non è previsto) e comunque la statistica è solo di due casi su milione di persone.

Consigli prima e dopo la somministrazione del vaccino