da Le Scienze del 9 ottobre 2020
Speranze e timori sui vaccini “accelerati” per COVID-19
di Smriti Mallapaty e Heidi Ledford/Nature
Di fronte alle procedure accelerate per l’approvazione dei vaccini contro COVID-19, molti ricercatori temono che un’approvazione frettolosa per ragioni politiche ostacoli una corretta valutazione del rischio di eventi avversi rari e della durata dell’immunità, minando la fiducia del pubblico
Vari trial clinici attualmente in corso potrebbero annunciare questo mese dei risultati capaci di cambiare in modo radicale la situazione. Mentre cresce l’aspettava, però, crescono anche dubbi e preoccupazioni: ci si chiede se i vaccini supereranno i test clinici di sicurezza e, in tal caso, quali risultati potranno davvero dare, ma ci si interroga anche sul rischio che il processo di approvazione sia influenzato dalla politica, o almeno dia l’impressione di esserlo.
Poche settimane fa, lo studio clinico in corso nel Regno Unito su uno dei candidati di punta, un vaccino sviluppato dall’Università di Oxford con la società farmaceutica AstraZeneca, è ripreso dopo una pausa di sei giorni dovuta alla necessità di indagare in modo approfondito su un problema relativo alla sua sicurezza.
Anche i trial sullo stesso vaccino in corso in Sudafrica e in Brasile erano stati bloccati ma poi sono ripartiti, mentre la Food and Drug Administration degli Stati Uniti (FDA) non ha ancora consentito la ripresa delle sperimentazioni negli Stati Uniti. I dettagli rivelati finora dagli sponsor di questi studi sui motivi dell’interruzione e sul perché ne è stata consentita la ripresa sono pochi. Alcuni scienziati dicono che questa mancanza di trasparenza potrebbe erodere la fiducia del pubblico nel vaccino.
Sullo sfondo, si sono intensificati i timori che interferenze politiche possano far approvare un vaccino per uso di emergenza senza che ne sia stata dimostrata a sufficienza la validità. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto di volere un vaccino prima delle elezioni presidenziali del 3 novembre.
Per alleviare le preoccupazioni, le società farmaceutiche dietro i tre principali vaccini contro il coronavirus oggi in sperimentazioni di fase III – AstraZeneca, Pfizer e Moderna – hanno rivelato un paio di settimane fa alcuni documenti che descrivono il modo in cui si stanno conducendo i test.
Questi protocolli includono gli standard per valutare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, e una serie di dettagli che ancora non erano stati resi noti, compresa la data in cui possono essere comunicati i risultati preliminari dei vaccini. I documenti precisano inoltre in che modo le aziende potrebbero interrompere in anticipo i trial per avere un’approvazione accelerata dei vaccini.
Ecco le tre aree problematiche che gli esperti stanno seguendo con attenzione.
Sicurezza e trasparenza
Quando i media hanno riferito che il 6 settembre erano stati sospesi i reclutamenti nei trial britannico del vaccino di Oxford a causa di una reazione avversa in uno dei partecipanti, all’inizio la cosa non ha destato grandi preoccupazioni fra i ricercatori.
Che si verifichino reazioni avverse negli studi clinici è piuttosto frequente, e spesso non dipende dal trattamento; alcuni ricercatori dicono che questo, probabilmente, è il caso del vaccino di Oxford, visto che le autorità regolatrici britanniche hanno consentito quasi subito la ripresa del trial. Alcuni organi di stampa hanno riferito che il partecipante aveva sviluppato un’infiammazione del midollo spinale detta mielite trasversa, ma AstraZeneca e Università di Oxford, gli sponsor dello studio clinico in corso nel Regno Unito, non hanno rilasciato informazioni sulla condizione riscontrata in quel soggetto.
Alcuni scienziati hanno criticato l’insufficienza delle informazioni rese disponibili, soprattutto quando è emerso che era la seconda interruzione del reclutamento dovuta a una reazione avversa. Le note informative consegnate ai partecipanti a luglio dicevano che lo studio era stato interrotto già in precedenza quando già all’inizio era emerso che uno dei soggetti presentava sintomi di mielite trasversa. Secondo AstraZeneca, a quella persona è stata poi diagnosticata la sclerosi multipla, e una commissione indipendente ha deciso che la sua condizione non era legata al vaccino. L’azienda e l’Università di Oxford, però, devono ancora dire se i due partecipanti avevano ricevuto il vaccino o un placebo.
Se risulterà che due persone hanno sviluppato la mielite traversa, dice Raina MacIntyre, epidemiologa dell’Università del New South Galles a Sidney, il fatto sarà notevole, visto il numero piuttosto basso di persone che hanno ricevuto il vaccino. “Se ci sarà un altro caso, sarà molto difficile che questo trial possa riprendersi dal colpo.”
MacIntyre osserva che tanto la mielite traversa quanto la sclerosi multipla sono state collegate a infezioni virali. E aggiunge che sono stati osservati casi di mielite traversa in persone affette da COVID-19. Per escludere che ci sia un rapporto tra il vaccino e quelle condizioni è necessario eseguire un’analisi statistica che ne confronti i tassi fra i partecipanti che hanno ricevuto il vaccino e quelli che hanno ricevuto il placebo. È su questo, probabilmente, che la FDA sta ancora indagando prima di decidere se consentire la ripresa degli studi negli Stati Uniti.
Sarebbe bene rendere pubblici più in dettaglio i motivi per cui i trial sono stati interrotti e poi ripresi, dice Hilda Bastian, studiosa della medicina basata sulle prove scientifiche della Bond University a Gold Coast, in Australia. La mancanza di trasparenza da parte degli sponsor dei trial è fonte di preoccupazione, e potrebbe indurre qualcuno dei partecipanti a tirarsi indietro, o spingere la gente a decidere di non assumere il vaccino se fosse approvato, dice Bastian. “Bisogna che la gente possa fidarsi di questi vaccini, che stanno andando avanti davvero in fretta.”
AstraZeneca e Oxford non hanno risposto a domande sulle richieste di maggior trasparenza. Ma l’amministratore delegato di AstraZeneca Paul Soriot ha detto, in una discussione pubblica con un comitato di esperti tenutasi al Word Economic Forum il 24 settembre, che le linee guida degli studi clinici raccomandano di non rivelare informazioni sui singoli partecipanti per evitare di compromettere la loro privacy e l’integrità dello studio.
Soriot ha aggiunto che dato l’interesse generale verso questi vaccini, le aziende stavano discutendo su quale trasparenza sia possibile offrire senza compromettere i trial.
Il ruolo della politica
La fiducia del pubblico nei vaccini contro il coronavirus sta già vacillando, in particolare negli Stati Uniti, dove Trump reclamizza spesso il suo programma di sviluppo accelerato del vaccino, “Operation Warp Speed”. In questo mare di parole, il 17 settembre il Pew Research Center di Washington ha detto che nei sondaggi la proporzione degli statunitensi adulti che probabilmente accetterebbero un vaccino contro il COVID-19 se fosse disponibile, era caduta, da maggio a settembre, dal 72 al 51 per cento. Tre quarti delle persone intervistate a settembre ritenevano che gli Stati Uniti avrebbero approvato un vaccino prima che la sua sicurezza e la sua efficacia fossero stabilite in modo ben solido.
Non si tratta dei soliti scettici, anti-vaccinisti per partito preso: anche vari ricercatori coinvolti nella realizzazione e nei test dei vaccini hanno espresso riserve, a causa della possibilità che il processo di approvazione sia influenzato da considerazioni politiche e non puramente scientifiche. “Andrò a guardare i dati sulla sicurezza prima di far iniettare qualcosa ai miei figli”, dice Kurt Viele, direttore della sezione modellistica e simulazioni alla Berry Consultants, società di consulenza per la progettazione di studi clinici di Lexington, nel Kentucky.
La sfiducia non è limitata agli Stati Uniti. In Europa, le trattative a porte chiuse con le aziende sulle forniture del vaccino alimentano esitazioni e incertezze, dice Yannis Natsis, responsabile per le politiche di accesso ai farmaci dell’Alleanza europea per la salute pubblica (EPHA) di Bruxelles. “Non vogliamo che si pensi male dei vaccini, anzi vogliamo difendere la fiducia nei vaccini”, dice. “Ma c’è un’incredibile mancanza di trasparenza.”
Parte delle preoccupazioni, negli Stati Uniti, si devealla presenza a di una corsia accelerata per i trattamenti necessari con urgenza, l’Emergency Use Authorization (EAU) della FDA. L’autorizzazione EUA aggira il consueto processo di approvazione dei farmaci e consente l’uso dei trattamenti sanitari quando “potrebbero essere efficaci”. “Data la sua vaghezza e la mancanza di trasparenza, può rischiare di dare l’impressione di essere soggetta a influenze politiche”, dice Herschel Nachlis, che studia le politiche sanitarie al Dartmouth College di Hanover.
Due autorizzazioni EUA concesse per presunte cure contro il COVID-19 – il farmaco antimalarico idrossiclorochina e l’infusione di plasma sanguigno ricco di anticorpi ottenuto da persone guarite della malattia – hanno suscitato sospetti di interferenza politica. Trump ha appoggiato entrambi i trattamenti, e nessuno dei due era sostenuto da studi in doppio cieco ad assegnazione casuale, che sono lo standard di riferimento della ricerca clinica. L’autorizzazione EUA all’idrossiclorochina è stata revocata dopo che i dati clinici hanno dimostrato che non è efficace sulle persone ricoverate con COVID-19. L’autorizzazione EUA al trattamento con il plasma è stata annunciata giusto il giorno prima di una grossa adunata del partito politico di Trump.
Così, quando un paio di settimane fa le aziende hanno reso pubblici i protocolli degli studi clinici in corso per i tre principali vaccini candidati, i ricercatori si sono affrettati a studiarne i dettagli. Nel complesso, i protocolli sembrano decisamente normali, ha detto David Benkeser, biostatistico alla Emory University di Atlanta. C’è però un elemento che spicca, dice Benkeser. Nel protocollo della Pfizer, si consente agli esperti esterni incaricati di monitorare la sicurezza del trial di dare un’occhiata ai dati intermedi più spesso di quanto possano farlo secondo i documenti delle altre due compagnie.
Ciò vuol dire che si potrebbe eseguire un’analisi dei primi risultati già quando saranno stati raccolti i dati di appena 32 persone contagiate in tutto, tra quelle vaccinate e quelle che hanno ricevuto un placebo. Un traguardo che potrebbe essere raggiunto anche in soli tre mesi dall’inizio dei trial, che sono partiti a luglio: cioè, potenzialmente, prima delle elezioni statunitensi.
Se una prima analisi trovasse che il vaccino ha una convincente efficacia nel ridurre le infezioni in un campione così piccolo, il trial potrebbe essere interrotto e l’azienda potrebbe richiedere un’autorizzazione EUA.
Tuttavia, anche se fosse possibile mostrare che il vaccino funziona abbastanza bene da rispondere agli standard della FDA in questo stadio precoce, questa scelta non consentirebbe il follow-up a lungo termine necessario per assicurare che il vaccino sia sicuro, dice Viele. Tre mesi, inoltre, sono troppo pochi per farsi una buona idea di quanto duri l’immunità assicurata dal vaccino, aggiunge. La Pfizer non ha risposto alle domande sulla logica sottostante alla progettazione dei suoi trial clinici, né sull’intenzione di continuare a monitorarne la sicurezza se uno di essi dovesse essere interrotto in anticipo.
Sarà cruciale che l’azienda continui a raccogliere i dati sulla sicurezza anche in questo caso, e che li renda disponibili, in modo da rassicurare il pubblico e rispondere alle sue preoccupazioni, dice Viele.
Secondo alcune voci, la FDA starebbe rendendo più stringente il processo di concessione dell’autorizzazione EUA per i vaccini contro COVID-19. Secondo un rapporto comparso il 22 settembre sul “Washington Post”, presto l’agenzia richiederà un livello di dati più vicino a quello necessario per la normale approvazione rispetto a quelli richiesti per le precedenti autorizzazioni EUA relative a COVID-19. La FDA non ha voluto commentare l’articolo, ma Trump ha detto che potrebbe bloccare questo tipo di misure.
Nachlis nota anche che probabilmente un comitato consultivo esterno della FDA discuterà del vaccino in un’audizione pubblica, e ciò renderà le decisioni più trasparenti di quanto sia avvenuto per le precedenti autorizzazioni EUA. “Abbiamo bisogno di un processo più robusto, in termini di rigore e trasparenza”, dice. “E ritengo che su questo fronte si sia mosso qualcosa di sostanziale.”
Obiettivi ed efficacia dei vaccini
Anche se le autorità regolatorie approvassero i tre vaccini oggi in testa alla corsa, secondo i ricercatori non è detto che essi facciano ciò che il pubblico si attende.
I protocolli di AstraZeneca, Pfizer e Moderna hanno rivelato che i trial sono progettati in modo da verificare se il vaccino riduce i casi sintomatici di COVID-19 e non i casi di malattia grave, cioè quelli che richiedono il ricovero ospedaliero e possono portare alla morte.
MacIntyre e altri ricercatori dicono che sarebbe stato meglio verificare se i vaccini riducono i casi di malattia grave e di morte. Se una dose di vaccino riesce a ridurre il rischio di complicazioni serie, l’effetto del virus sulle persone vaccinate potrebbe essere simile a quello di un normale raffreddore, dice MacIntyre.
In ciascuno degli attuali trial clinici di fase III si stanno arruolando diverse decine di migliaia di partecipanti. Ma una sperimentazione per stabilire se un vaccino riduce l’incidenza dei casi gravi di COVID-19 dovrebbe arruolarne di più, e quindi richiederebbe più tempo, dice Thomas Lumley, biostatistico all’Università di Aukland, in Nuova Zelanda. Gli studi in corso hanno scelto una via di mezzo tra stabilire se i vaccini prevengono del tutto l’infezione e vedere se prevengono la forma grave della malattia, dice.
L’obiettivo delle aziende è un vaccino che impedisca lo sviluppo dei sintomi del COVID-19 in almeno il 50 per cento delle persone che lo ricevono – la definizione di successo secondo le linee guida della FDA – ma sperano di arrivare a un’efficacia almeno pari al 60 per cento.
Anche il 60 per cento, però, non basterebbe per raggiungere l’immunità di gregge, la situazione in cui la percentuale della popolazione immune grazie al vaccino è sufficientemente alta da bloccare la diffusione della malattia, dice Lumley. Per arrivare a quell’obiettivo, il vaccino dovrebbe avere un’efficacia almeno dell’80 per cento, poiché non tutti gli individui della popolazione lo riceveranno, dice MacIntyre.
Tuttavia, vaccinare un’ampia frazione della popolazione con uno di questi vaccini darebbe comunque un grosso contributo al controllo della diffusione del virus se andasse ad affiancarsi ad altri interventi, come l’uso delle mascherine e il tracciamento dei contatti, dice Lumley. “Un vaccino di modesta efficacia sarebbe già un grosso aiuto”, dice.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 25 settembre 2020. Traduzione di Alfredo Tutino, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)